LA SORVEGLIANZA ATTIVA NEL CANCRO DELLA PROSTATA
ISTRUZIONI PER L'USO
OBIETTIVO:
Questo progetto ha come obiettivo la realizzazione di una campagna di sensibilizzazione sul concetto e sulle finalità della sorveglianza attiva, con il fine di informare correttamente e porre l’uomo con tumore della prostata davvero al centro del processo decisionale.
PARTNER: IRCCS Istituto Nazionale Dei Tumori di Milano
DURATA: 2 anni
COSTO: € 40.000

Il tumore della prostata è una neoplasia di grande rilevanza sia per l’impatto clinico-sanitario sia per i risvolti assistenziali e sociali che comporta. Gli ultimi dati, pubblicati sulla rivista Tumori a Ottobre 2013, riportano circa 42.000 nuove diagnosi in Italia nel 2012, rendendo questa neoplasia la più frequente nel maschio europeo e italiano. La causa di questa esplosione di nuove diagnosi va rintracciata nell’utilizzo sempre più diffuso del test del PSA, che ha portato alla luce un gran numero di tumori indolenti, cioè clinicamente non significativi. Trattare radicalmente questa tipologia di tumore, che potrebbe non evolvere nell’arco della vita del paziente, significa sottoporlo a trattamenti inutili, con il rischio di causare effetti collaterali che possono alterarne significativamente la qualità della vita.
In questi casi, in alternativa alle tre terapie radicali standard (prostatectomia, radioterapia esterna e brachiterapia) si sta affermando la sorveglianza attiva, un atteggiamento osservazionale che utilizza in maniera sistematica esami strumentali (PSA, biopsie prostatiche, RM) e visite periodiche con la finalità di sottoporre i pazienti a terapie curative solo se la malattia dovesse mutare il suo atteggiamento “indolente”.
Purtroppo la cultura della sorveglianza attiva all’interno di protocolli clinici controllati non è ancora diffusa capillarmente in Italia. In alcuni centri, come la Prostate Cancer Unit della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, è proposta sistematicamente a tutti i pazienti in classe di rischio bassa e molto bassa, quindi candidabili all’osservazione. In altri centri, invece, i pazienti ricevono informazioni parziali e non oggettive. È necessario quindi diffondere e promuovere il concetto della sorveglianza attiva in alternativa alle terapie radicali sia in contesti medico-scientifici sia in quelli laici.